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Come gestire la Rabbia

Quando la rabbia può essere considerata un problema?


Cosa succede quando ci si arrabbia?

La rabbia fa parte delle emozioni primarie, una di quelle emozioni considerate cioè universali e presente in tutte le persone sin dalla nascita, a prescindere dalla cultura o dall’etnia di appartenenza.

Per descriverla meglio possiamo pensarla come un processo diviso in tre fasi: ha sempre un inizio, una durata e una fase finale di attenuazione. Ad ognuno di questi momenti corrispondono delle sensazioni fisiologiche, dei pensieri specifici e dei comportamenti.

Le tre fasi della rabbia

La fase iniziale è la situazione che fa attivare la rabbia, può essere riconosciuta in uno stimolo esterno (qualcosa che accade nell’ambiente) o in uno stimolo interno (qualcosa che accade dentro di noi). La rabbia generalmente scatta quando percepiamo la presenza di un ostacolo che ci impedisce di raggiungere il nostro obiettivo o quando si ha la sensazione di aver subito un torto o un danno (D’Urso & Trentin, 2001). In questa fase si ha un’attivazione generale dal punto di vista fisiologico (es: accelerazione del battito cardiaco, tensione muscolare, etc) e una modifica della propria mimica facciale (es: aggrottare le sopracciglia, stringere i denti, etc.). Dal punto di vista cognitivo infine, si attivano dei pensieri negativi nei confronti di se stessi e/o di chi si percepisce in quel momento come causa della propria rabbia.

Generalmente la rabbia ha una suo decorso naturale (fase della durata) che è molto soggettivo, può variare a seconda della percezione del torto subito e termina con una graduale attenuazione dell’emozione sino alla sua scomparsa.

Alcune volte può però accadere che la rabbia porti alla messa in atto di un comportamento aggressivo che può essere espresso a livello verbale (es: urlare) o fisico (es: lanciare qualcosa), sino a sfociare in agiti violenti.

E’ normale provare rabbia, tuttavia può diventare un problema quando la sua durata si protrae nel tempo e/o l’intensità dell’emozione provata è molto elevata: spesso in questo caso si ha la sensazione di non avere il controllo delle proprie azioni.

Quando può essere considerata un problema?

La rabbia viene spesso definita un’“emozione negativa” ed è per questo spesso considerata qualcosa da reprimere e da nascondere agli altri.

In realtà ha un’importante funzione adattiva: il cambiamento fisiologico che innesca ci da l’energia giusta per riuscire a modificare qualcosa che ci disturba o che troviamo ingiusto (motivo della rabbia): con il suo segnale ci permette dunque di proteggere e rispettare i nostri bisogni.

Tuttavia, se non espressa e/o gestita nel modo corretto rischia di prendere il sopravvento ed “esplodere”, manifestandosi  in quelli che comunemente vengono definiti come “attacchi di ira”.

Questa emozione ci spinge fisiologicamente ad agire; tuttavia, quando sentiamo di perdere il controllo, l’agito rischia di diventare aggressivo o violento: si parla di aggressività quando si fa riferimento ad un comportamento fisico (es: maltrattare) o verbale (es: insultare) messo in atto nei confronti dell’oggetto della rabbia; la violenza è un tipo di aggressione fisica in cui i danni sono concreti (es: danneggiamento di oggetti, risse, etc…).

Se si ha la sensazione che la rabbia sia ingestibile, che gli “attacchi di ira” siano frequenti, che le modalità di espressione siano aggressive o violente e che quest’emozione influenzi il rapporto con gli altri o alcune aree di vita, è importante rivolgersi ad uno specialista.

Un intervento sulla gestione della rabbia può essere utile per imparare alcune strategie per controllare l’attivazione fisiologica (fase iniziale) e prevenire l’escalation dell’attacco di ira. Inoltre può essere d’aiuto imparare a riconoscere quali sono le situazioni trigger (fattori scatenanti) e i pensieri che normalmente precedono questa emozione.

“Trattenere la rabbia è come trattenere un carbone ardente con l’intento di gettarlo a qualcun altro; sei tu quello che si scotta.” Buddha

Con chi ci arrabbiamo?

Abbiamo visto che questa emozione può essere espressa in tanti modi e con diversi livelli di intensità, tuttavia un altro fattore che può influire sulla sua gestione è il bersaglio verso il quale viene indirizzata.

Nel caso più semplice la rabbia viene direttamente rivolta verso la persona che in qualche modo l’ha scatenata: ad esempio “il mio capo mi manca di rispetto e mi arrabbio con lui”. In questi casi, come abbiamo già visto, ciò che può rendere la rabbia un problema è la modalità con cui viene espressa: posso ad esempio verbalizzarla in maniera assertiva o piuttosto adottare un atteggiamento aggressivo-passivo, che solitamente genera ulteriori incomprensioni e un prolungamento del conflitto.

In altri casi può succedere che l’emozione venga dirottata verso una persona (o un oggetto) diversa da quella che l’ha originata; in questi casi si parla di “spostamento della rabbia”: ad esempio “il mio capo mi manca di rispetto, non posso permettermi di manifestare la mia rabbia con lui e quando torno a casa mi arrabbio con mia moglie senza motivo”.

Questa gestione della rabbia, spesso inconsapevole, risulta inefficace per diverse ragioni: da una parte la rabbia provata per il motivo reale rimane inespressa e potrebbe ripresentarsi, dall’altra si creano delle conseguenze negative per le relazioni interpersonali.

Altre volte invece diventiamo noi stessi il destinatario della rabbia: in questi casi può innescarsi un dialogo interno negativo con vissuti di risentimento e rimprovero, ad esempio: “se il mio capo se la prende con me, è perché io sono un fallito”. Questa modalità di gestione della rabbia risulta inefficace come la precedente e può rischiare di trasformarsi in agiti autolesivi, rimuginio e sentimenti negativi.

Ci sono volte in cui è molto difficile individuare l’oggetto specifico della propria rabbia, questo accade ad esempio quando non si tratta di un singolo evento (come può essere la litigata con il capo), ma di una situazione più generale o ripetuta nel tempo (pensiamo ad esempio alla situazione che stiamo vivendo a causa della pandemia): in questi casi spesso si cerca di controllare la rabbia reprimendola.

Non permettersi di vivere quest’emozione ha delle conseguenze negative che possono variare dall’aumento di stress, alla difficoltà nel relazionarsi con gli altri sino alla comparsa di problemi psicosomatici.


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